La pelle a contatto con il mio quartiere
Se proviamo a dare una definizione di pelle potremmo riferirci al termine scientifico per individuare
quell’organo sensoriale che ricopre la totalità del corpo, luogo di molti sensi distinti, come calore, dolore, pressione, contatto ecc.
Ma la pelle puo’ anche essere vista come quella precisa e netta linea di confine che separa il dentro dal fuori , o meglio la soggettività interiore e l’oggettualità del mondo esterno.
E’ il mondo esterno quello che viene a contatto con la pelle, mondo che rimane spesso circoscritto e residente nell’ambiente in cui noi viviamo.
In questo quartiere di periferia, molto discusso a confine tra la terra ed il mare, Ostia, litorale romano zona di passeggiate, di domeniche pomeriggio estive di gelato e di strade affollate . che la mia pelle respira.
E’ quello che la mia pelle sente , che vive.
Resta chiaro che ogni essere umano sulla pelle delle dita ha impronte differenti; caratteristica, questa, ben nota e ovvia, ma anche di grande valore simbolico in quanto evidenzia l’unicità e l’irripetibilità di ogni singolo individuo di “sentire” cio’ che e’ fuori.
Cosi’ come le sensazione che io provo quando d’inverno mi ritrovo da solo a percorrere le spiagge di questa citta’ con il rumore del vento che sovrasta quello dei miei pensieri e’ sicuramente diversa da individuo ad individuo , perche’ filtrata da un differente tessuto di pelle.
In questo mio progetto vorrei cercare di mettere in evidenza l’inquietudine di pomeriggi invernali trascorsi nella solitudine, alla ricerca di un qualcosa che ormai non ‘e’ più’ perche’ ferito, interrrotto esaurito con l il colore, la folla, il sole ed il mare nelle giornate d’estate , di persone che felici divorano mangiano, consumano questa striscia di mare.
Il percoro resta comunque obbligato, la storia di questa citta’ ne e’ testimone cosi’ come la contrapposizione tra passato e presente ,
Pasolini, Fellini , De Sica e Sordi sono il passato, il presente il cemento questo lungo”muro” e la deliquenza ormai costituita.